Questo piacevolissimo lavoro a due voci del trentaquattrenne sassofonista contralto Ben Sluijs e del quarantaduenne pianista Erik Vermeulen, è stato propiziato da una serie fortuita di eventi nel mondo dell'arte: un happening musicale, svoltosi ad Anversa in occasione di una mostra di sculture e proposto da un poeta-fotografo (Emile Clemens), nonché coproduttore dell'etichetta che pubblica il disco. Ne è scaturita un'opera nella quale il discorso musicale si dipana a partire dalle suggestioni offerte dalla scultura e dalla poesia, che ne accompagnano poi anche la fruizione, essendo anch'esse proposte e rappresentate nel libretto allegato al CD.
Ovviamente, come ricorda Ben Sluijs nelle note, la musica è e rimane indipendente dalle altre forme artistiche; tuttavia, non deve essere esclusa la possibilità che l'ascoltatore si lasci accompagnare dalle evocazioni propostegli dalla visione delle sculture e dalla lettura delle liriche.
Per rimanere solo alla musica, va sottolineato come in questo caso il Belgio - patria dei protagonisti e scena degli eventi- si mostri assai più prossimo all'estremo nord d'Europa che non ai due vicini paesi che spesso lo ispirano culturalmente - la Francia e l'Inghilterra. Infatti, c'è qui ben poco delle suggestioni multietniche che caratterizzano (sebbene con ben diverse tonalità) tanto jazz transalpino e britannico; viceversa, quasi tutti i brani presentati in "Stones" sono cogitativi, lenti e cupi, poco ritmici e fondamentalmente poco jazzistici.
È proprio il brano forse più bello dell'intero CD, "Minor Problem", palesemente ispirato dai corali da chiesa del sei-settecento, a prestarsi paradigmaticamente da esempio di questo genere, che si avvicina molto a certa musica norvegese o svedese. Qui, il piano conduce un ostinato sul quale il sax trova lo spazio per un'improvvisazione che è un vero e proprio canto, drammatico e triste; alla fine del lirico passaggio, è il sax stesso a sostenere a sua volta l'ostinato, lasciando libero il piano di inventare una rarefatta improvvisazione.
Non troppo diverse le atmosfere di "Sea Prisoners" e "Wall", mentre "Mother of Pearl" è una curiosa improvvisazione ritmica fatta con le chiavi del sax e "Gargoyles" un solo di piano nel quale Vermeulen mostra reminescenze di Paul Bley. L'iniziale "Dialogue" ed il conclusivo "Behind the Poet" sono invece interessantissime e libere improvvisazioni in duo.
Un bel disco, molto lirico e poco virtuosistico, giocato più sull'intima espressività del dialogo che su costruzioni complesse o riferimenti colti. Un disco da acoltare con calma, per goderne le atmosfere crepuscolari.
Valutazione: * * * *